Passano i mesi, passano gli anni, passano i governi regionali ma nulla cambia.
Ogni volta mi aspetto un progetto – visione di Sardegna, un’idea attorno alla quale aggregare i frustrati da una crisi economica ma soprattutto di idee e speranza che non ha precedenti.
Magari il progetto c’è anche però non è dato saperlo.
Il nostro nemico eppure è evidente e ben presente: si chiama egoismo.
Siamo seduti su una miniera d’oro ma grazie alla nostra straordinaria attitudine a non lavorare insieme riusciamo ad essere dei falliti con straordinaria supponenza e disinvoltura.
Se la stagione turistica va male è colpa dei trasporti, se la Sardegna è disorganizzata, inaccessibile e cara è colpa di pochi furbi.
Falso.
La colpa è di tutti noi, che non abbiamo la capacità di capire che se oggi guadagniamo 10 potremmo guadagnare 100 semplicemente integrando il nostro lavoro con quello che ci sta intorno.
Ecco, spesso annebbiati dalla quotidianità di una vita tassata e difficile non abbiamo modo di pensare a questo modo di lavorare.
Questa si chiama infatti visione politica.
Questo oggi, in Sardegna, manca.
Perché è inutile affannarsi dietro strategie roboanti di offerte stracciate e trasporti accessibili se poi non c’è il coinvolgimento del territorio e delle risorse in una visione condivisa nella creazione di un prodotto Sardegna vendibile.
Si va avanti a compartimenti stagni, ognuno per il proprio interesse nel proprio campo.
Strategia turistica e culturale lasciata ai singoli,
mancanza di un calendario di eventi unico e non sovrapposto,
mancanza di un controllo sull’accoglienza in nero,
mancanza di una filiera di prodotto che supporti le materie prime, la trasformazione e la ristorazione,
mancanza di esempi virtuosi e pratiche che creino le premesse per una rivoluzione mentale e collaborativa,
mancanza della capacità di convogliare la straordinaria inclinazione al racconto in strumenti moderni e facilmente fruibili,
mancanza di piattaforme semplici e intuitive da far utilizzare agli EELL come strumenti per censire ed evidenziare le risorse del territorio,
assenza di alfabetizzazione informatica e social fatta non da enti inutili e costosi ma da chi quelli strumenti li usa tutti i giorni con profitto.
In una parola l’assenza di una regia intorno a un progetto condiviso e di visione che aggreghi le risorse e crei il prodotto Sardegna.
I politici possono pure partecipare a fiere, convegni e dibattiti, alimentando la loro vanità inconcludente.
Forse è arrivata l’ora di dire basta e pretendere di meglio e subito.
Se questo non fosse possibile valuterei se sia il caso di mettere insieme le risorse migliori della Sardegna in un Rinascimento Sardo ovviamente senza la minima aderenza politica.
Perché forse è il tempo che la politica segua la realtà se questa è parecchi anni avanti davanti ad essa.
Impossibile mettere insieme “risorse”della Sardegna che non abbiano un minimo di aderenza politica. Siano esse capitale economico, capitalie sociali, capitale umano. Non si può.
Il problema di un eventuale Rinascimento Sardo é che dopo un millisecondo dal suo inizio si alzerebbe una voce che fa – “OK ragazzi, ma non c’é modo di prendere un finanziamento???” – É diventato un riflesso condizionato, che taglia le gambe a ogni iniziativa e la consegna mani e piedi legati ai soliti potentati. Che ne fanno il solito strame. Non si può fare un Rinascimento senza gli Uomini, e quelli mancano. É rimasto solo il bestiame.